L’Arciconfraternita

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La storia
dell’Arciconfraternita

Nel 1540, alcuni laici avevano iniziato a riunirsi informalmente presso la chiesa di San Girolamo della Carità, sotto la guida spirituale del padre Persiano Rosa. Tra di essi vi era anche il futuro santo Filippo Neri, non ancora sacerdote. Tutti si dedicavano a un’assidua frequenza dei sacramenti, alla formazione religiosa e alla raccolta di elemosine per i bisognosi.

Dal loro zelo per la gloria di Dio e per le anime nacque la decisione di fondare una “Compagnia” che potesse offrire una forma più organizzata di catechesi e di apostolato, per la quale il “terzo apostolo di Roma” pose due capisaldi: innanzitutto l’Adorazione Eucaristica nella forma delle Quarantore, quindi l’assistenza ai bisognosi. Regnante Paolo III, che nel 1545 aveva aperto il Concilio di Trento, nel 1548 il Vicario di Roma, Mons. Filippo Archinto, erigeva la Compagnia in Confraternita sotto il nome della Santissima Trinità.

Meno di due anni dopo iniziava il Giubileo del 1550. Per le condizioni di viaggio di quei tempi, Roma si riempiva di numerosissimi pellegrini spesso in uno stato miserevole, bisognosi di tutto, esposti a disperazione e tentazioni. Filippo capì subito che la Confraternita doveva soccorrere questi fratelli, facilitare il loro pellegrinaggio, sostenerne la fede e la devozione. Venne presa quindi in affitto una casa per ospitare i pii viaggiatori, presto seguita da un’altra, offerta gratuitamente da Donna Elena Orsini, nella quale fu anche eretta una cappella adeguata alle necessità di culto.

Fu in questo periodo che Filippo volle per i Confratelli il caratteristico abito rosso, munito di cappuccio per nascondere il viso in pubblico e mantenere la carità anonima, ma nota a Dio, tenendo così a freno la vanità sempre in agguato. Ben presto la fama delle opere di carità e della devozione della Confraternita crebbe; la Provvidenza non fece mai mancare elemosine e donazioni, necessarie per numeri sempre più grandi di persone assistite da quella che iniziò a essere comunemente chiamata “Confraternita dei Pellegrini”.

Terminato l’Anno Santo e ridottosi il flusso di pellegrini, Filippo spinse la Confraternita verso l’assistenza ai convalescenti. In una città tanto frequentata come Roma non mancavano gli ospedali, ma la medicina e le infrastrutture del tempo non consentivano una degenza oltre il tempo necessario alle cure più urgenti. Chi non poteva permettersi una convalescenza in luoghi privati si trovava pertanto in gravi difficoltà, quando non in pericolo di cadere nuovamente ammalato o di morire. Ecco allora i Confratelli a raccogliere dalla strada ogni sorta di malati e di poveri abbandonati per portarli negli ospizi, che man mano si affittavano o acquistavano in tutta la città grazie alle abbondanti elemosine di semplici fedeli, di principi e di prelati.

Pur tra tanto lavoro e tanti successi, san Filippo non permise mai che si trascurasse il principale oggetto della confraternita: l’adorazione di Gesù Sacramentato, la frequenza dei Sacramenti e l’orazione, nella consapevolezza che, senza di queste, le opere non potessero essere gradite a Dio e, quindi, non giovassero né alla tanto necessaria riforma personale, né a quella dell’Urbe e della società.

A quei tempi, i fratelli si riunivano presso la chiesa di San Salvatore in Campo, ma la fama di tante opere di carità e di devozione era ormai nota anche al Sommo Pontefice Paolo IV, che con Motu Proprio del 13 novembre 1558 concesse l’uso perpetuo della Chiesa di San Benedetto in Arenula. La chiesa venne prima restaurata, poi interamente ricostruita dai Confratelli, diventando l’attuale nostra chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini. Nel frattempo, vennero acquistati edifici adiacenti per la realizzazione di un ospedale.

TRINITA PELLEGRINI SFONDI verticale

Sarà Pio IV a volere ulteriormente premiare i Confratelli, confermando la Confraternita e concedendo nuovi favori e indulgenze con Bolla del 29 aprile 1559. Appena tre anni dopo, l’instancabile opera di san Filippo e degli uomini e donne in abito rosso aveva guadagnato tanta considerazione sia presso il popolo, sia presso le gerarchie civili ed ecclesiastiche, tanto da essere elevata dallo stesso Pio IV al rango di Arciconfraternita, assumendo il nome che porta ancora oggi: Arciconfraternita della Ss. Trinità dei Pellegrini e Convalescenti” (Breve «Illius, pro Dominici Salvatoris gregis», 5 settembre 1562).

Da allora, le opere di carità e la devozione eucaristica dei Confratelli crebbero nell’ammirazione e nella riconoscenza di tutti. L’Arciconfraternita riusciva ad alloggiare centinaia di migliaia di pellegrini, specie durante gli Anni Santi; si vedevano Sommi Pontefici, cardinali, principi e nobili di ogni parte della cristianità indossare il sacco rosso e mettersi umilmente al servizio dei bisognosi, accogliendoli con la cerimonia della lavanda dei piedi e servendoli alla mensa dell’ospizio.

Numerose le conversioni pubbliche al cattolicesimo, propiziate dallo spettacolo di tale dedizione al prossimo, così come le opere di recupero di luoghi d’importanza storica e religiosa a spese dell’Arciconfraternita, che per oltre tre secoli fu protagonista della vita religiosa, ma anche artistica e culturale dell’Urbe. Artisti come Palestrina e Guido Reni esercitarono qui i loro talenti, mentre la processione del Corpus Domini e la visita delle Sette Chiese tenute dai Confratelli percorsero innumerevoli volte le strade cittadine. Tra gli ospiti dell’ospedale vi fu san Benedetto Giuseppe Labre, mentre santi come Giuseppe Calasanzio, Leonardo da Porto Maurizio e Giovanni Battista de’ Rossi vollero indossare l’abito rosso.

Con le vicende legate alla fine dello Stato Pontificio, l’Arciconfraternita perse molti dei suoi beni entrando in un periodo di difficoltà, riuscendo però a sopravvivere e a continuare il suo servizio alla liturgia.

A seguito della creazione della Parrocchia della Santissima Trinità dei Pellegrini – per volontà di Benedetto XVI che la affidò ai Padri della Fraternità Sacerdotale di San Pietro – è stato possibile rivitalizzare l’antico istituto. Dal 2017 sono stati ricostituiti gli organi di governo e, anno dopo anno, l’Arciconfraternita ha visto aumentare i suoi iscritti, riprendendo le sue attività a maggiore gloria di Dio.

1540

La nascita della compagnia di fedeli

1548

L'istituzione della Confraternita

1562

L'elevazione ad Arciconfraternita

La Missione

L’assistenza ai pellegrini che giungevano a Roma per gli Anni Santi e la cura dei convalescenti dimessi dagli ospedali furono gli scopi che il Sodalizio si prefisse e svolse, con dedizione ammirabile, nell’ospizio unito alla chiesa della Ss.ma Trinità dei Pellegrini, concessa nel 1558 dal Papa Paolo IV alla Confraternita.

Le mutate condizioni dei tempi hanno reso impossibile la continuazione di questo ministero di carità.

Seguendo una tradizione che ha origine dallo stesso san Filippo, oggi l’Arciconfraternita si propone in modo particolare il culto verso Gesù Sacramentato, reso attraverso l’adorazione eucaristica ogni prima Domenica del mese e con l’esposizione solenne delle Quarantore, promuovendo così la devozione alla Ss.ma Eucaristia. Essa officia l’omonima chiesa situata non lontano da Campo de’ Fiori e da Piazza Farnese, celebrandovi, oltre alle principali solennità dell’anno liturgico, le festività della Ss. Trinità, di san Filippo Neri e del Confratello san Giovanni Battista de Rossi. Organizza iniziative di carattere spirituale e ritiri per il bene degli scritti. Viene incontro alle necessità dei bisognosi con elargizioni periodiche e aiuti di vario genere, frutto della carità dei Confratelli e delle Consorelle.